Castano Shock: L’intervista ad uno degli artisti più discussi su Youtube

Conoscete CASTANO SHOCK, un cantante genovese che si auto produce e che si sta imponendo nel panorama musicale attuale con la sua innovativa musica?

Lo abbiamo intervistato e ci ha spiegato, canzone per canzone, il significato di SONO UN ALIENO, il suo disco pubblicato nel 2016 :

 

Castano Shock

L’intervista

castano shock

innanzi tutto perché questo titolo?
i testi di questo disco seguono in modo opposto i concetti base di demoni e paradossi eterodossi (i due dischi precedenti) solo che le storie dei brani diventano personali e introspettive e quindi anche il punto di vista che è prettamente individuale;
quel titolo non è solo un pezzo di frase di “se fossi bello” ma è anche la somma ironica quanto reale di come sono diventato per necessità obbligato a vivere dentro la mia matrix e le matrix delle persone che “attraversavano e attraversano la mia vita”;
essere un alieno è  solo una consapevolezza incoraggiante quando ti senti male e sociopatico in mezzo a qualsiasi tipologia di branco e quanto ti senti misogino quando ti accorgi che quella bella ragazza che avevi desiderato in realtà non c’entra nulla con te ed è solo un fisico ammirabile che puoi anche toccare;
essere un alieno è una difesa possibile che ti permette di evadere in un altro pianeta immediatamente perché la realtà non è così importante e identica per tutti essendo una serie di visioni indotte da qualcuno che percepiamo ma che non abbiamo mai visto;
Il disco apre con “Milf” che porta l’ascoltatore subito a confrontarsi col complesso d’Edipo ma senza quella morbosità implicita a cui Freud  alludeva;
La protagonista della canzone, un’affascinante signora maggiorata di una certa età che vive una seconda giovinezza grazie ai canoni “spostati e contorti” della società moderna è solo un tramite che mi ha permesso di esprimere un concetto di fondo celato dal incalzante incedere ritmico quanto dalla minimale e ripetitiva melodia vagamente blueseggiante;
La canzone in effetti  racconta di una avvenete “tardona” che nemmeno tanto bella attira l’attenzione dei più grazie ad un seno notevole (e notabile) perché nel nuovo immaginario collettivo questa tipologia femminile garantisce una certa esperienza sessuale che un ipotetica figlia della stessa magari anche più “fresca e più gradevole” non ispira ma se contempliamo la morale in modo più esteso allora dobbiamo tener conto anche “del complesso” (junghiano) che si cela di fondo ovvero l’attrazione sessuale verso il sesso opposto a causa di una  maturazione del bambino attraverso l’identificazione col genitore del proprio sesso e il desiderio nei confronti del genitore del sesso opposto.
Edipo, che, a sua insaputa, uccise suo padre Laio e, inconsapevole, sposò la propria madre Giocasta.
il secondo brano del disco è “Presunto potere”;
indubbiamente il brano più orecchiabile che abbia mai scritto con una melodia moderna quasi monotono/rappata e quei cori da stadio eh oh oh puntuali e indovinati quanto spensierati!
il tema invece è da scomporre ed esaminare attentamente perché finalmente, dopo “Teorema” di Marco Ferradini (non a caso citata immediatamente nella seconda frase del testo) riemerge in un contesto musicale italico una certa verità sempre non esplicita nelle belle canzoni o le canzonette di facile presa ovvero l’innegabile potere che la donna può elargire nei confronti degli uomini per questioni ataviche;
il brano non consiglia nulla, a differenza della sopra citata hit anni 80 del celebre Ferradini, e si permette solo, e con lucida obbiettività, di spiegare come stanno le cose da un punto di vista maschile condivisibile dai più !
“Se fossi bello” !
se si ascolta questo brano, che è il terzo del disco, si sorride senz’altro per merito (o causa?) di alcune frasi gancio astutamente inserite qua e là sopra un giro di basso per niente scontato che volteggia su quel tipico loop danzereccio “tunz tunz” ma se si analizza la canzone da ogni prospettiva possibile non si farà fatica a notare quanto valga in termini di morale, musicalità ed ironia!
“Se fossi bello” è senza dubbio una canzone che ti rimane in testa per più di un motivo, vuoi per il ritmo, vuoi per alcune frasi, vuoi per il gusto dell’arrangiamento facile ma non scontato.
mi piace molto (anche) la frase iniziale che  spinge a comparare una compagna di viaggio come è in effetti una vecchia autovettura ad una ipotetica donna regalando all’immaginario collettivo un punto di vista inusuale e riflessivo.
La quarta canzone del disco è intitolata “Uno scioglilingua”;
è una canzone immediata, piuttosto house anche se nel complesso non spinge al ballo bensì all’ascolto per via delle strofe (che ripetono ipnoticamente il concetto vagamente polemico contro i testi delle canzoni d’amore in genere) ed un ritornello inafferrabile che mi ha costretto piacevolmente a mettere quel titolo;
quasi onomatopeicamente il titolo funge da preavviso a ciò che succederà per tutta la canzone quindi parole ripetute come in una filastrocca che però dice delle cose per niente spensierate!
curioso l’inserto musicale tribale (che dura per diverse battute) che prende posto ad un possibile assolo e che si rituffa poi nel tema musicale portante che apre e chiude l’intera composizione innegabilmente inclassificabile ed originale!
“Lo chiamerò Marcello”  oltre ad essere la quinta canzone del disco è senza dubbio una canzone anomala sotto ogni punto di vista possibile;
il suo incedere fa muovere (come quasi tutte le canzoni di questo disco) e le sue parole se ascoltate con superficialità ci regalano una easy song da cantare ovunque ed in qualsiasi frangente ma se si ha voglia di comprendere davvero questa mia fatica musicale si scopriranno altre cose lontanissime da ciò che ispira nella distrazione:
da soffermarsi e riflettere su alcune frasi specie quando il protagonista, l’acquirente del robot, fa dei ragionamenti tipicamente egoistici e dispotici giustificandosi quasi compiaciuto come fanno dalla notte dei tempi gli esseri umani che spesso di umano hanno ben poco e qui lo ricordo senza puntare il dito verso nessuno ma sopratutto facendo anche sorridere se pur a denti stretti.
“In una zanzariera” è il brano che segue “Lo chiamerò Marcello” e sul sound possiamo notare delle analogie ma anche su tutto il resto infatti ho mantenuto lo stesso mood che spinge a riflettere ulteriormente (mentre stiamo ballando quasi spensierati) su altri nostri modi di intendere la vita;
La zanzariera non è solo l’unico oggetto che mi consente di stare all’aria aperta senza incorrere nel rischio d’esser punto da un’ape o altri insetti simili (una delle mie fobie mai sconfitte) ma è anche uno scudo virtuale che mi consente di stare in mezzo alla gente quando devo necessariamente fare l’animale sociale (il tema della mia “animalità” si ripresenta anche in altre mie canzoni di questo disco rimbalzando sempre tra umanità, “animalità” ed alienazione oltre che una moderata misantropia non deleteria);
Il mare come figura recondita forse richiama nuovamente la figura femminile (materna?) già citata in “milf” se la si butta sui dogmi freudiani e quindi un possibile distacco apatico verso l’emisfero femminile ma in effetti io al mare non ci vado realmente da anni (e vivo a Genova) e anche quando ci andavo lo facevo sempre mal volentieri;
Il malessere di dover stare in mezzo alla gente semi nudo a cuocere la mia pelle tra caotiche interazioni emerge senz’altro nella frase “al mare non si può pensare” senza tralasciare il disturbo che mi procuro dovendomi scoprire (in senso figurativo o metaforico) e quindi mostrandomi ulteriormente.
il sole, altro elemento portante di questa canzone, altra figura vitale (quanto l’acqua), diventa quasi avverso tanto da richiedere una protezione, una zanzariera appunto, nemmeno tanto efficace anche se probabilmente il vero pericolo che mi ha spinto a scrivere quei versi è tutto ciò che si interpone tra il sole e la zanzariera;
nei ritornelli viene citato un castello (lo stesso della celebre filastrocca infantile “ma che bel castello marcondirondirondello”) con dentro una regina ma anche qui non chiarisco definitivamente chi può essere questa nuova figura femminile che rimbalza da una canzone all’altra senza mai svelare il suo ruolo effettivo.
gli “occhioni che sorridono” della regina (tra l’altro solo “carina”) portano l’ascoltatore a considerare il fatto che non sia una “amata” consorte e che quindi io non sia affatto il re del castello che tuttavia, per qualche motivo, definisco mio.
“La gente fuori dai bar” è una canzone piuttosto anomala;
la mia voce “camuffata”  però non deve fuorviare il messaggio minimale ma profondo di questa canzone che tradisce filosofie più che illuminate nonostante l’atmosfera del brano fin dalle prime battute spinge l’ascoltatore a sorridere più che a riflettere.
Il piano elettrico che apre il brano è un richiamo ad una ninna nanna rilassante e la conferma c’è immediatamente con la frase d’apertura “i genitori coi bambini che urlano”;
anche le frasi “ la gente fuori dai bar veste come le star”, “ci vorrebbe una bomba atomica dove dico” e “i petardi non li tiro più / userei solo bombe atomiche” sono “frasi gancio” che meritano qualche riflessione e che rendono questa canzone senza apparenti pretese qualcosa di originale e poco sentito specie nel panorama italico.
“animale” è un suggestivo intermezzo che su un tappeto sonoro onirico e teso snocciola alcune parole che legano tutti i significati del disco e il suo intero significato per non dimenticare che “sono un alieno” è un disco che tanto ricorda nella sua concezione un “concept album” ma “animale” ha anche la funzione di introdurre la bizzarra “dai” che oltre ad essere scioccante per via del suo testo che vanta una sola parola, “dai” appunto, vanta un video rivoluzionario dove il mio ego decisamente etero  diventa gay per importunare simpaticamente un gay reale che per l’occasione si trasforma in un adone super mascolino ma truccatissimo;
il gioco che rende tutto “shock”, come nella tradizione di qualsiasi mio video, stavolta è quello di confondere l’utenza anche a costo d’irritarla per via della ripetitività del testo che fusa nelle immagini “equivoche” e coloratissime nella penombra lascia tutti circospetti nell’ilarità generale.
“stare bene” è un mantra che avevo creato per me e che mi serviva per concentrarmi ma mentre stilavo l’ordine del disco mi sono reso conto che doveva finirci dentro come intermezzo insieme alle 4 canzoni provenienti dal disco precedente “demoni” riprese e riarrangiate!  l’uomo sbagliato, l’apatico simpatico, la ragazza più bella del mondo e fashion sono state ripescate perché i nuovi arrangiamenti li ho trovati fin da subito vincenti e poi, cambiando genere, certe canzoni che dal vivo mi avrebbero chiesto era giusto riproporle anche nel nuovo disco come bonus track!
la chiusura è toccata a “non sono più terrone” che era stata scritta già all’epoca di demoni ma era stata esclusa dal disco perché troppo elettronica;
non sono più terrone , con poche parole, racconta di una realtà più che tangibile e che da un ultimo spunto di riflessione agli ascoltatori che, meridionali o settentrionali, oggi spesso si dimenticano di certe dinamiche remote ma ancora vive nei ricordi di molti noi nati negli anni 70;
ho scritto questa canzone per ribadire un po a tutti che cos’è il razzismo ma sopratutto per elargire a chiunque i suoi paradossi.
chi vuole ascoltare l’intero disco gratuitamente lo può fare andando nel canale di castano shock su you tube cercando tra le sue playlist “sono un alieno – castano shock” 2016 inoltre si possono ascoltare gratuitamente anche tutti i suoi altri dischi che ha composto sia in lingua italiana che spagnola!

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